martedì 7 luglio 2009

Violenza sulle donne, quando le vittime la confessano online




Violenza, per le donne, fa rima con silenzio.


Secondo l’Istat, nel 2006 sono state 1 milione e 150 mila quelle che hanno subito stupro e botte (il 5,4% del totale). Nel 62,4 per cento dei casi l’aguzzino era il partner o una persona conosciuta, se si considerano le violenze sessuali la percentuale sale al 68,3 per cento, mentre per gli stupri fino al 69,7 per cento. Ma il dato più allarmante è un altro: solo il 4 per cento denuncia i maltrattamenti subiti.
Proprio perché il nemico dorme nello stesso letto della vittima, molestie, calci e pugni restano inconfessati. Nonostante le associazioni che aiutano ad affrontare queste situazioni e nonostante le linee telefoniche dedicate. C’è però un canale grazie al quale emergono storie e denunce che altrimenti nessuno conoscerebbe. Su forum, blog o “sportelli telematici” molte donne, rassicurate dall’anonimato e facilitate dall’immediatezza della comunicazione, trovano il coraggio di esporsi e chiedere il sostegno di psicologi e consulenti. In alcuni casi semplicemente i consigli delle altre utenti.
Le parole sono quelle di chi non confesserebbe mai di essere vittima di violenza a un amico, a un parente e neppure a un medico. Un certo numero di questi post, avvertono gli esperti, sono frutto di fantasia. Ma la maggior parte sono vere richieste di aiuto. Il moderatore del forum di “Tribù-Mensile di sopravvivenza studentesca” chiede di raccontare esperienze di abusi e molte ragazze rispondono con racconti personali. Su “Girl power”, portale frequentato dalle giovanissime, sul sito dell’Associazione di volontariato Prodigio, su quello del Cesap (Centro studi abusi psicologici) e anche su “Answers” di Yahoo le utenti parlano dei soprusi e ricevono decine di consigli. Firdhaus invece ha dedicato un blog alle donne maltrattate.
“Al nostro counseling online, nato l’8 marzo 2007, arrivano molte e-mail che confessano abusi di questo tipo”, dice Stefania Bartoccetti, presidente di Telefono Donna. “È uno strumento scelto da chi non se la sente di parlare al telefono o riesce a mettere a fuoco meglio per iscritto le proprie sofferenze. La lettera inoltre lascia una traccia della risposta dei nostri esperti che dà una maggiore sicurezza rispetto alla telefonata. I dati ci dicono che le donne denunciano di più ciò che subiscono e la comunicazione le aiuta. Ma se la giustizia non va di pari passo, infliggendo pene certe a chi le maltratta, si rischia di tornare indietro”.
Anche Maria Gabriella Moscatelli, presidente di Telefono Rosa, legge una decina di messaggi al giorno con denunce di botte o prevaricazioni. “Figlie che parlano del calvario sopportato dalle loro madri, ragazze che si chiedono se lo schiaffo ricevuto dal fidanzato sia solo una manifestazione di gelosia ‘positiva’, amiche, zie, parenti di donne abusate. Anche se spesso chi parla per conto terzi, in realtà parla di sé”, spiega. “Scrivono perché hanno meno timore di essere riconosciute e possono avere con noi un approccio più soft. È come se mettessero davanti a sé una sorta di schermo protettivo, che noi piano piano cerchiamo di oltrepassare, ottenendo il contatto successivo”.
L’esperienza di chi sta dall’altra parte dello schermo e risponde alle e-mail parla chiaro. “Molte persone cominciano descrivendo altro, stati d’ansia o depressione”, dice Eliana Ottolina psicologa clinica di Telefono Donna. “Lentamente le aiutiamo a prendere coscienza del vero problema, a fare emergere fatti che senza il dialogo via mail resterebbero sommersi”. Chi scrive allo sportello virtuale? “Signore di mezza età, sposate da 30 anni che non riescono a dormire. Poi tra le righe viene fuori che il marito alza le mani su di loro. Oppure giovani mamme separate, segregate e sottomesse da un padre padrone.
Nella maggior parte dei casi il contesto è di una normalità disarmante e l’uomo violento non beve, è un professionista con un lavoro stabile e un’istruzione medio-alta”.
Cristina Bassi

Sabato 24 Novembre 2007
Panorama