sabato 11 luglio 2009

ARKEON, UN "MAESTRO" PONTINO NELLA PSICOSETTA. PROCESSO A BARI

Ora la parola passa ai giudici. Dopo lo scandalo dell’inchiesta sulla psico-setta “Arkeon”, la vicenda arriva finalmente in un’aula giudiziaria. Quella del Tribunale di Bari dove il 19 maggio si terrà l’udienza preliminare a carico del fondatore del gruppo, Vito Carlo Moccia, e di altre persone travolte dall’indagine. Coinvolto anche un “maestro” pontino di Arkeon, un libero professionista di 40 anni. Ma a Latina ci sono anche alcune vittime della setta che si costituiranno come parti civili nel processo. Il “maestro” pontino, incensurato, è finito sotto inchiesta insieme ad altre persone per un raggiro di decine di migliaia di euro. Il percorso giudiziario dei membri di Arkeon potrebbe però essere diverso, con l’apertura di processi separati.

Le vittime della setta sono persone con gravi problemi fisici o psicologici che si rivolgevano alle associazioni legate ad Arkeon. Tra queste “The sacred path”, il “sacro percorso”. “Sacro” chissà, ma di certo molto costoso. Secondo l’accusa, grazie al metodo Arkeon, i componenti del gruppo promettevano, in cambio di denaro, la soluzione a qualsiasi problema fisico, sessuale, matrimoniale, psicologico. Pagando si poteva partecipare a un corso, iniziando così un fantomatico “percorso” accanto ai “maestri”, unici e insostituibili, in grado di guidare verso la liberazione dai problemi. Il caso - sul quale ha indagato la Digos - è stato denunciato in diverse trasmissioni televisive, anche se in un caso la Tv ha promosso l’attività di Arkeon. Nella trasmissione “A sua immagine” di padre Raniero Caltalamessa, fu raccontato come il gruppo avesse “aiutato” un ragazzo omosessuale. In un’intervista Luca raccontò la sua esperienza di ragazzo gay che, grazie ad Arkeon, riuscì a “guarire” sposando una donna. Un episodio che avrebbe ispirato Povia nel comporre la contestata canzone “Luca era gay” presentata a Sanremo.

L’inchiesta giudiziaria ha portato la Procura di Bari chiedere il rinvio a giudizio per undici persone con la contestazione, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere, truffa, esercizio abusivo della professione medica, violenza privata, maltrattamenti di minori e incapacità procurata da violenza. Secondo l’accusa per accedere ai corsi si pagava dai 300 euro per il primo incontro fino ai 2.000 per l’ultimo, ma c’erano anche le “bocciature” che obbligavano a ripetere il corso pagando nuovamente. Una coppia avrebbe sborsato in tutto 100.000 euro. Tra le pratiche c’era anche il “No limits” durante il quale alcune vittime avrebbero subito abusi sessuali. Molte le testimonianze raccolte dal “Cesap”, il centro studi sugli abusi psicologici. (* Il Messaggero 30-03-2009).

MARCO CUSUMANO