Lunedì scorso l’udienza davanti ai giudici della Seconda Sezione Penale
Continua il dibattimento in corso davanti al collegio giudicante della Seconda Sezione Penale del Tribunale di Bari alla presunta psicosetta denominata ‘Arkeon’. Nel corso della lunga udienza celebrata l’alto giorno, durata fino alla prime ore del pomeriggio anche a causa d’una imprevista sospensione delle udienze verso mezzogiorno, sono sfilati altri testimoni a discarico citati dagli avvocati difensori di Carlo Moccia e degli altri imputati. Tutti in sostanza hanno confermato d’aver partecipato a quelli che loro ritenevano solo corsi terapeutici di vario livello, senza alcun pericolo per chi vi partecipava. Anzi, alcuni testi hanno confermato che alle riunioni ‘Arkeon’ tenute verso la fine degli Anni Novanta tra le sedi di Bari e Roma, erano presenti talvolta anche bambini, accompagnati dai propri genitori. Tra le testimonianze che hanno attirato maggiormente l’attenzione del collegio, quella resa dal dottor Antonino Caruso, medico chirurgo palermitano anche lui per diec’anni membro dell’associazione guidata da Moccia e da alcuni suoi stretti collaboratori. Il medico siciliano ha confermato d’aver partecipato ai corsi di tutti i livelli, con la propria famiglia, a partire dal ’97 e fino al 2007, allo scopo di approfondire il metodo ‘Reiki’ applicato da Arkeon. Lo scopo, come ha dichiarato sotto giuramento ai giudici, era quello di capire se era vero che c’erano casi di auto-guarigione dalle malattie, per spiegare infine che nel corso delle riunioni c’era una grande forza di rilassamento tra i partecipanti e che, in ogni caso, non si parlava mai nei termini convenzionali di guarigione. Il medico ha partecipato alle riunioni ‘Arkeon’ per libera scelta, come del resto i suoi famigliari, senza aver mai subito costrizioni di sorta, anzi, ha visto donne che rifiutavano di partecipare, per esempio quando si trattava di chiedere elemosine in pubblico. Ma il teste ha anche spiegato di non aver mai assistito a maltrattamenti di alcun genere, precisando che i costi in capo agli associati partivano da un minimo di 100 mila lire (trasformati poi in 100 euro) fino al doppio a seduta, a seconda dei livelli. L’anno scorso in aula ha deposto anche la psicologa Raffaella Di Marzio, una delle più importanti esperte italiane di nuovi movimenti religiosi, anch’essa interessata in passato al caso Arkeon. E il primo passo da compiere, come ha ripetuto la Di Marzio dinanzi ai giudici baresi, era proprio quello di evitare “condizionamenti” basati sulle prese di posizione dei mass-media e di sedicenti esperti non adeguatamente qualificati. In base agli studi effettuati la psicologa ha spiegato che il gruppo Arkeon non ha mai presentato le caratteristiche della setta, pur sottolineando la necessità di ulteriori studi: “Sarebbe stato mio vivo desiderio proseguire con gli approfondimenti – ha precisato l’esperta in aula durante una delle ultime udienze – ma la mia attività scientifica è stata inspiegabilmente ostacolata, anzi inquisita per il solo fatto di aver voluto avviare uno studio, procedimento poi ovviamente archiviato”. Secondo la ricostruzione del sostituto procuratore Francesco Bretone, invece, Arkeon sarebbe una sorta di 'psico-setta' che, utilizzando tecniche vagamente ispirate alle filosofie orientali del Reiki, in dieci anni sarebbe riuscita a raccogliere addirittura 10 mila adepti in tutta Italia e a truffare molte persone, obbligandole a partecipare a costosi seminari dicendo loro che sarebbero guarite da tumori, aids o infertilità, oppure da problemi spirituali. Dopo l’indagine serrata della procura di Bari, infatti, sono stati contestati i reati di associazione per delinquere, truffa, esercizio abusivo della professione medica, violenza privata, maltrattamenti di minori e incapacità procurata da violenza. I fatti si riferiscono al periodo compreso tra il 1999 e il 2008. Per partecipare ai seminari di Arkeon, il costo minimo si aggirava sui 260 euro e arrivava, a mano a mano che si passava di livello, a 15.000 euro. Ma una coppia del nord Italia che cercava di risolvere la propria crisi matrimoniale ha detto alla polizia di avere pagato 100.000 euro, così come una donna che credeva di aver subito violenza sessuale nel passato. Sul banco degli imputati c'e’ Vito Carlo Moccia, che diceva di essere psicologo, ma non ne aveva i titoli, anche se nessuno dei testi sfilati l’altro giorno in aula a Bari l’ha mai sentito millantare. Il processo in corso a Bari s’avvia verso la conclusione dell’istruttoria: il 27 febbraio saranno ascoltati gli ultimi testimoni e altri tre consulenti ed entro la prossima primavere, dopo requisitoria del pubblico ministero e arringhe difensive, dovrebbe arrivare la sentenza.
Francesco De Martino
Domenica 19 Febbraio 2012 18:37