Il racconto di Chiara, ragazza romana per vent'anni nella setta Re Maya, il cui guru, Danilo Speranza, oggi è in carcere con varie accuse tra le quali violenza sessuale. "Ti costruiscono intorno una finta famiglia, decine di persone che si vogliono bene, escono sempre insieme... Poi comincia il lavaggio del cervello"
ROMA - A suo modo era "posseduta". Lo è stata per vent'anni. Da quando è entrata nella setta Re Maya fino a tre anni fa quando è riuscita a venirne fuori. Ha cinquant'anni, vive a Roma e oggi dice: "Sono entrata che non avevo un lavoro e sono uscita come, anzi peggio di prima. Distrutta nella mente, allontanata da tutto". La chiameremo Chiara. La sua storia comincia all'inizio degli anni Ottanta. "Il mio insegnante di yoga un giorno mi dice: ti faccio conoscere il mio maestro...". Il "maestro" era Danilo Speranza il guru a capo della setta Re Maya oggi in carcere con l'accusa di violenza sessuale (anche ai danni di minorenni). "Un genio del male, una mente pazzesca ma che alla fine ti prosciuga, ti annienta". Chiara ricorda l'ingresso nella setta che nella sola Roma - dice - poteva contare su uno zoccolo duro di almeno 500 persone.
"Mi hanno riempito di affetto. Ti costruiscono intorno una finta famiglia: decine di persone che si vogliono bene, che escono sempre insieme. Poi è iniziato il lavaggio del cervello...". Speranza convince Chiara a girare le spalle a familiari e amici. "Dicevano che era gente poco spirituale". Il capo la riempie di attenzioni. "Mi chiese di raccontargli la mia storia, la mia infanzia, i miei problemi. Faceva così con tutti. A quel punto è come se tu gli consegnassi la chiave... Mi spiegò i testi di buddismo e induismo. All'inizio sembrava anche una cosa seria, interessante. Lui non appariva come un cialtrone o un cretino. Ma col tempo iniziò a gestire la mia vita, a sfruttare me e tutti gli altri, a farci lavorare per lui. Ero diventata come un pupazzo. Scoppia il caso delle violenze sessuali. Chiara - dice - non ha mai subito abusi sessuali. "Ma tra di noi le voci giravano. Eppure eravamo tutti talmente succubi che nessuno voleva credere a quelle accuse. Io oggi ho capito che avevo aderito a un progetto malato. Che ne sono stata vittima. Ma sono sicura che ancora oggi molti sono pronti a difendere Speranza a spada tratta. Solo perché ne temono i poteri o lo vedono ancora come un dio". (p. b.)