Nei tempi attuali si nota una gran fioritura di nuovi – o riciclati – movimenti religiosi, spesso definiti “sette” o “culti emergenti”. Questi, provenendo da lontane culture, spesso si incrociano con le tradizioni europee dando luogo a religiosità sincretiche. Ma, come in tutte le cose, esiste anche un lato oscuro di essi, sommerso e spesso negativo. Sono i casi tipici di quei movimenti emergenti nei quali i capi carismatici strumentalizzano, e sfruttano a scopi egoistici, gli aneliti delle persone alla trascendenza e verso il sacro. In questi casi, si tratta di una vera e propria manipolazione psicologica degli aderenti, che segue uno schema collaudato ed efficace.
Vediamone le tappe. Innanzi tutto, i culti distruttivi tendono ad isolare l’adepto dalla comunità in cui era vissuto e dalla società. Se ne rimuove la privacy, lo si priva del sonno e gli si procura uno stato di affaticamento fisico mediante l’imposizione di pratiche ripetitive, peraltro assurde. Un’altra tattica per isolare il nuovo aderente, è quella di imporgli la dipendenza finanziaria dal gruppo e, viceversa, di rimettere ogni suo bene materiale per il benessere della “setta”. Ciò provocherebbe una de-responsabilizzazione nell’adepto, per cui il plagio psicologico avverrebbe più facilmente. Queste tecniche, a ben vedere, sono praticate al fine di manipolare i pensieri e le sensazioni dei nuovi aderenti, rendendolo un vero e proprio “zombi” sotto il profilo psicologico. Pensieri e sensazioni che, peraltro, risulterebbero essere già labili ab initio, giacché il fatto stesso di aderire al nuovo – e spesso strano – movimento religioso è indice di disagio psichico e culturale del novizio. Si provi ad esempio, a recitare ogni giorno per 1728 volte – come impone il movimento di Hare Krishna – il mantra: “Hare Krishna, hare Xrishna, Krishna Krishna, hare hare. Hare Rama, hare Rama, Rama Rama, hare hare”. E vediamo se non ci si imbambola mentalmente! Alle tecniche di “zombizzazione” seguono, o vengono affrontate sinergicamente, l’indottrinamento specifico e peculiare del culto distruttivo. Nella maggior parte dei casi, la dottrina è di tipo misterico alla quale bisogna credere fermamente e, soprattutto, supinamente. Ciò implica il rifiuto delle vecchie credenze religiose da parte del-l’aderente, nonché dei valori tipici della società contemporanea. Nel contempo “si tratta” l’adepto con tecniche di natura ipnotica, che in certi movi-menti vengono definite “meditazione”, e si determina uno stato di alta suggestionabilità accompagnato, in altri casi, dal giudizio di approvazione – o di disapprovazione – da parte dei componenti anziani del movimento. In alcuni casi l’aderente viene bombardato da “messaggi subliminali” di contenuto misterico, quali poche parole contenute dentro lunghi e confusi scritti. Infine, il culto distruttivo deve assolutamente preoccuparsi del mantenimento nel gruppo del nuovo aderente. A tal fine, si produce una assoluta aproblemicità. Ad esempio, a una domanda posta dall’aderente, si risponde con una controdo-manda evasiva. Altra tecnica di mantenimento è quella del “senso di colpa” e del “ricatto”: attingendo al passato vissuto dall’adepto ed esacerbando i suoi errori, lo si induce ad avvertire la necessità aggregativa al nuovo gruppo e a scoaggiarlo – spesso drammaticamente – ad avere legami con le vecchie abitudini e relazioni sociali. Peraltro l’obbedienza alla setta viene mantenuta anche attraverso minacce più o meno velate, di punizioni o di rivelazioni degli errori compiuti. Infine si pretende la conformità di vestiario e il senso della scala gerarchica nella setta.
In alcuni movimenti distruttivi, verrebbe usata la tecnica delle “docce alternate”: con questa, si premia l’aderente per un’azione fatta mentre, in altra occasione, la stessa azione viene punita o stigmatizzata.
Si produce così, nell’adepto, la convinzione che non potrebbe egli, nella “società esterna”, comportarsi correttamente. C’è da dire, infine, che attorno a questi “culti emergenti” distruttivi gravita un giro impressionante di miliardi, e spesso affari per nulla “puliti”. Da questi dati emerge che le sette pescano nel malessere degli strati più deboli della società: non è tanto il crollo dei valori religiosi a giustificarle, quanto di una gerarchia organica di valori e di un sistema etico coerente. Tanto è vero che ri-sulta essere in atto, nel contesto societario occidentale, una smania incontrollata al consumismo che determina perfino il consumo di nuovi prodotti per l’anima. È la ricerca, da parte di questi nuovi culti, di un benessere immediato spirituale, al di là dei paradisi futuri post-mortem.