venerdì 18 giugno 2010

"Cercavo la felicità, ho trovato l'inferno"

Il papà di Maria (nome immaginario, ndr.) non sta molto bene da un po’ di tempo, si esprime con una voce bassissima, eppure i suoi suoni flebili, da cripta dei ricordi più mesti, ti penetrano dentro come lame, perché ci tiene a precisare che lui, vecchio professore di scuola, scafato e combattivo, ha fatto di tutto per tirar fuori dai pasticci la figlia, che avvertiva un sentore di precipizio quando lei frequentava quei “seminari”, che alla fine si è sentito in dovere di iscriversi pure lui, pagando, sprecando parte della pensione, per vedere coi propri occhi chi ci andava, per sentire con le proprie orecchie quel “vangelo” che stregava, catturava, sbilanciava le emozioni più vere di una ragazza come tante, bisognosa d’amore come tutti, ma a rischio del plagio e dell’altrui profitto, proprio no. Doveva evitarlo, ci è andato pure lui, e alla fine il peggio è stato scongiurato, anche grazie alla sua affettuosa presenza, oltre che alla lucidità e al temperamento della stessa Maria che nelle spirali del lavaggio dell’anima, nella manipolazione piena e totale delle sue scelte e dei suoi valori è riuscita a non cadere. Arkeon, il “vertice dell’essere”, il “sacro percorso” proposto a migliaia di persone dal barese Vito Carlo Moccia, era diventato nel tempo una comunità cospicua di persone che non si riuniva – come l’immaginario detterebbe – nel sottobosco di cappucci e clandestinità, candele che brillano nella notte e messe nere. Tutto avveniva alla luce del sole. O quasi. Ma sempre in un’atmosfera di setta e di condizionamento psicologico profondo a fini di lucro che criminologi e clinici conoscono molto bene. Un’idea di positività assoluta, riti di iniziazione, un leader carismatico, la colpevolizzazione sul passato e la “vittoria” fatta intravedere nel futuro, l’insegnamento e l’obbedienza, la paura di fallire e la velocità nel pagare: ed ecco servito il piatto venefico di una realtà parallela da cui è difficile uscire se non facendo davvero patti terribili col più accanito dei diavoli, il sé trasformato, alienato nel credo di un seduttore delle coscienze che più ti fa sentire piccolo e inadeguato dentro, più chiede denaro per insegnarti a sviluppare la tua persona. Adesso una indagine della Digos di Bari, con il contributo decisivo del Cesap (vedi box), ha portato al rinvio a giudizio di Moccia e di altre dieci persone. I reati contestati dal pm di Bari Francesco Bretone (ma il processo ha uno stralcio anche a Milano) sono: associazione per delinquere finalizzata alla truffa e all’esercizio abusivo della professione medica e psicologica. Oltre che, a vario titolo, violenza privata, maltrattamenti su minori, incapacità procurata da violenza e violenza sessuale. Molti maledicono l’ingerenza della giustizia nelle “liberatorie” e pseudo-filosofiche attività del guru Moccia. Molti si sentono semplicemente dei salvati. Come Maria.

Maria, come sei entrata nelle file di Arkeon?
«Ho conosciuto Arkeon agli inizi degli anni ‘90 grazie a un fidanzato ventenne che mi parlava di questo percorso di crescita personale per migliorare se stesso, i rapporti familiari e che mi fece conoscere questo maestro, Vito Carlo Moccia, che - diceva - gli aveva cambiato la vita, lo faceva stare benissimo. Un mese dopo quando lo incontrai mi resi conto che le frasi che mi avevano fatto innamorare erano la perfetta fotocopia di parole, di modi d’essere e di atteggiamenti del maestro. Per 250mila lire pensai di fare la cosa giusta, e mi iscrissi per non intaccare il nostro rapporto. Il maestro chiamava questi seminari reiki, terapia di guarigione naturale con le mani sul genere della medicina orientale, ma intrisa di psicologia spicciola tratta da Freud e spiegazione di malattie psicosomatiche. Attraverso iniziazioni con occhi chiusi e mani sulle ginocchia, il maestro da dietro faceva gesti per aprire i “canali” e fare uscire energia che poi ognuno avrebbe potuto usare per convogliarla su organi malati. Cominciai a vedere tutti che si tenevano per mano e lui li faceva andare indietro con i ricordi, gli intimava di “entrare in processo”, cioè di buttare fuori rabbia e dolore represso per superare il dolore ed essere felici. Tutte queste persone comandate piangevano, urlavano, si dibattevano, con la bava alla bocca, sembravano pazzi, allora presi e me ne scappai. Mi dissero che col “canale” aperto era pericoloso, e allora tornai per evitare chissà quali conseguenze».

La tua storia d’amore ha avuto però un esito tragico.«Il mio fidanzato frequentò tutti i seminari, ognuno dei quali costava almeno un milione di lire, più i cosiddetti “intensivi”; prendeva soldi dai genitori che pur di non vederlo drogato glieli davano, ma all’atto pratico sempre di una cosa tossica si trattava. Alla fine, con altri venti milioni di lire, diventò maestro con facoltà di fare seminari. Si vendette un appartamento e un terreno e costrinse i genitori a iscriversi anch’essi. Ma siccome Arkeon diceva che per uscire dai problemi bisognava andare alle radici, gli stessi genitori, costretti a raccontare la verità, divorziarono perché ammisero che si tradivano. La madre uscì fuori di testa e la rinchiusero in psichiatria per qualche mese. Questo fu il danno psicologico alla famiglia. Lui invece, era diventato ingestibile: essendo maestro gli era stato detto che non doveva più lavorare ma essere imprenditore. Lo stesso Moccia con questi seminari diceva che si può diventare ricchi e fare la bella vita, e il mio ex diventò un fannullone che voleva solo guadagnare senza fare niente. Poi gli venne detto che per essere un vero maestro doveva entrare nella sua più grande paura, guardarla e superarla. La sua era quella del buco. E iniziò a bucarsi. Da maestro credeva di gestire l’eroina. Morì di overdose. Il primo ago se lo fece con la certezza che l’avrebbe superato perché i maestri sono onnipotenti. Veniva da me, si faceva, poi tornava dai suoi genitori e fingevano tutti di non capire. Lo stesso Moccia mi disse che non dovevo preoccuparmi, perche questo era il suo “processo” e lo avrebbe superato, ma intanto ai seminari lo cacciava perché era fatto. Morì in Svizzera, lo trovarono a mezzanotte a terra in stato di semi incoscienza da cui non si riprese più».

Il tuo personale condizionamento tocca, invece, la voglia di un compagno.«Chi frequentava Arkeon sembrava felice, mentre io avevo storie che finivano sistematicamente o con uomini che mi trattavano male. Facevo sempre il paragone rispetto ai bravi ragazzi di Arkeon. In una casa, faraonica, meravigliosa di Moccia, fatta con i soldi di tanti poveracci, conobbi tanti, tutti solari, fedeli, con bambini, famiglie del mulino bianco, un paese dei balocchi che lui creava, mentre io vivevo male nella realtà esterna. Ne ho conosciute tantissime di coppie così. Ti dici: meglio lì che fuori, e cominci a vivere in un mondo speciale».
Una felicità fatta di plagio però, come il concetto di “trasgressione creativa”.
«Sì, secondo la trasgressione creativa la donna deve obbedire all’uomo. Per Moccia la relazione funziona se è paternale, maschilista: la donna non deve lavorare e non si ribella all’uomo che porta i soldi a casa. Se qualche volta si ribella e si crea una crisi, il menage si può salvare in extremis con Moccia che stabilisce luogo e ora in cui il lui va a letto con un’altra donna, e la moglie il giorno dopo deve chiederle come è andato, e al marito offrire le sue scuse. Era Moccia che manovrava tutti quanti. Lui dà le ricette alle coppie per mantenerle. La coppia litigava, ma dei problemi non ne parlavano in privato, fra loro, ma ai seminari. Moccia era il terzo angolo di un triangolo di coppia, per così dire, senza esplicite interferenze. Prendeva un uomo e una donna durante le riunioni, persone che magari si ignoravano, li faceva avvicinare, gli diceva delle cose carine per unirli e nel giro di un fine settimana si mettevano insieme. Ma la scena più terribile e straziante l’ho vista a Padova: una donna che piangeva a dirotto perché aveva saputo che il suo uomo che seguiva i seminari aveva messo incinta un’altra donna, e lei doveva toccare la pancia dell’altra chiedendo scusa a lui e promettendogli che iniziando a frequentare i seminari non avrebbe più sbagliato nella vita».

Come consideri il suo carisma?
«La gente arriva a credere a lui perché è uno dei pochi che ha una grande capacità di capire la psicologia di chi ha di fronte: gli basta vedere come parla, come cammina l’attimo della condivisione, come pensa, magari gli ha confessato il suo più grande problema, ma a differenza di tanti maghetti, è un ciarlatano di livello nettamente superiore, cattura l’adepto facendogli il bene, gli fa risolvere le incomprensioni col figlio, col genitore, gli fa trovare il partner giusto, raggiungere le cose sempre sognate, con i primi 250 euro, dopo di che lo trattiene a vita facendogli frequentare i seminari. La persona sembra toccata da Dio, ma è solo la sua mano adulatrice e da impostore. Lui gode a manipolare le menti e a fare soldi».

Poi c’erano le guarigioni dall’omosessualità e dall’Aids.«Nelle riunioni cosiddette “No limits” appariva un gong stile impero romano e 80-100 persone di tutte le età e sessi che ad occhi chiusi camminavano e si dovevano incontrare tre volte per dieci minuti toccandosi o facendo quello che si voleva. Così si scoprivano le omosessualità latenti se si accettava di farsi sfiorare da persone dello stesso sesso. A una ragazza di venti anni, che aveva l’Aids da piccolina, era triste, disse: “Tu stai bene, non prendere medicine”. Smise di prendere medicine e stava fisicamente meglio. Moccia le diceva che non ne aveva bisogno. Incontrai in centro a Bari dopo qualche anno la mamma, mi fermò lei dicendo che era distrutta, che era morta la figlia, e che Moccia si era preso gioco di entrambe. Altre volte si usava il cosiddetto “Fuoco sacro” per buttare cose che ti hanno fatto stare male. Un omosessuale malato di Aids conclamato buttò le medicine dicendo: “Io non ho più l’Aids grazie al percorso”. Secondo Moccia, tra l’altro, l’omosessualità è dovuta alla vita che hai fatto da piccolino, al rapporto col maschile e il femminile insegnato dai genitori e diceva che si può guarire».


Poi c’era il concetto della “madre perversa”.
«Quando una donna è felice la madre è perversa perché non vuole la sua felicità, in quanto non è riuscita a ottenere le stesse cose. Lui la mette in conflitto con la madre, a meno che non venga al seminario. Una volta una ragazza disse: “Io non casco nel gioco della mia madre perversa. Lei pur di farmi essere infelice si è buttata oggi dal balcone, ma io non andrò al suo funerale e sto qui con voi”. Un’affermazione agghiacciante. Molte madri hanno perso le figlie. Le famiglie, o le prende tutte nella sua logica, o se non vengono si separano».


Chi è più a rischio secondo te in questo tipo di meccanismi?
«Diciamo il 70% degli italiani possono caderci per problemi di salute, lutti, i malati terminali con i medici che ti tolgono le speranze e in quei pochi mesi di vita lui ti spilla tutti i soldi, quelli che hanno creduto nel matrimonio, poi l’amore finisce e quello che manca in famiglia lo si trova nella comunità, quelli che cercano amici che non hanno avuto perché sempre sfruttati. Nei seminari c’era struggente fratellanza, emozioni che nella realtà non avvengono. E poi era abilissimo nel meccanismo delle lacrime. Quando un adepto ha seguito tutto quello che ha detto lui, piangeva non di commozione ma di paternalismo. E tutti notavano quanto era umano e che nulla faceva per soldi. Ci cadono tutte le persone di cuore che hanno dei valori, poveri, ricchi, laureati o di ceto bassissimo. Che hanno bisogno d’amore. La persona il cui primo intento è materialismo potere e denaro non ci cade, o quelli con forte autostima. Il furbacchione si è letto tre libri di Freud, ha visto la società di oggi dove tutti vogliono soldi e sono tristi e si è inventato un sistema per agganciare le persone, stimolandole sulle cose che non hanno, rappresentando lui stesso un modello vincente con moglie, figli e ricchezza».

Credi che lui “predichi” ancora a tutt’oggi?«In case private sì. Non ci guadagna come prima i miliardi. Un corso intensivo valeva duemila euro. C’è gente che ci crede ancora, e si coalizza contro quelli che li stanno attaccando dicendo che loro non possono capire che esiste una via spirituale che salva le persone. Ma questi non hanno visto il male fatto a tanti».

Ma come si è scoperchiato questo sistema?
«Lui diceva che solo rivivendo l’esperienza dell’abuso sessuale che sicuramente hai vissuto nell’infanzia sarai felice. In una coppia c’era una lei impenetrabile. Le hanno voluto far rivivere il “trauma” anche se diceva di non averne subìti e l’hanno violentata davanti agli occhi del maestro. Comandando lui stesso a tre, quattro persone di farle violenza per il suo bene, per farle fare il salto. La donna poi ha denunciato. È stata la via che ha aperto».