venerdì 14 ottobre 2011
Arkeon, il guru davanti ai giudici
Continua il processo alla psicosetta. In aula il primo imputato. Moccia nega gli abusi: “Erano tutti liberi di intendere e volere...”
Il guru di quella che è stata oramai definita come la psicosetta più grande d'Italia, ieri in aula davanti ai giudici del tribunale penale di Bari. Vito Carlo Moccia ha avuto la possibilità di dire la sua come imputato in un processo che oramai si estende per le corti penali di tutto lo stivale.Interrogato sulle pratiche e le cerimonie del suo gruppo di – come l'ha definito lui stesso – "cammino di crescita personale ", Moccia ha negato ogni episodio di abuso. "Le pratiche di Akeon erano un misto di discipline orientali che avevano lo scopo di raggiungere l'armonia naturale del corpo e della mente ", ha dichiarato l'imputato. Di fronte alle domande della difesa, Moccia è stato chiaro:"Le pratiche definite 'della morte' e 'dell'elemosina' erano volte a suscitare negli individui che vi partecipavano volontariamente (e qui Moccia si ferma per sottolineare la completa responsabilità personale dei partecipanti ai riti di Arkeon ndr) per suscitare una riflessione personale; le teoria 'della madre perversa' e 'del pedofilo', invece – ha dichiarato il fondatore di Arkeon – sono cattive interpretazioni di alcuni... termini – ha evidenziato – che ho visto comparire solo nelle carte processuali e che non sono mai state utilizzate nel gergo di Arkeono o intese con la stessa accezione utilizzata in sede processuale".In particolare, i difensori hanno voluto che il Moccia chiarisse il concetto di 'teoria del pedofilo': per mezzo della quale, secondo molti testimoni ascoltati finora dai giudici, i "maestri " di Arkeon tentavano di giustificare tutti i drammi che sconvolgono la vita di ogni individuo con una presunta violenza carnale ricevuta in età infantile da parte di un genitore o un parente. "Il termine 'pedofilo' – ha dichiarato il Moccia – è stato di certo utilizzato durante i seminari di Arkeon, ma non nell'accezione sessuale del termine. Bensì – ha chiarito – si tratta di intendere la parola pedofilo nel senso di 'abuso': era così pedofilo colui che abusava di una persona, sotto vari aspetti, in età infantile ". "E' accaduto – ha continuato nella sua esposizione l'imputato – che durante i seminari di Arkeon siano state portate all'attenzione degli astanti le violenze sessuali subite in tenera età da alcuni membri: solo in questo caso il termine pedofilo – ha spiegato Moccia – era da intendere nella sua accezione puramente sessuale".Un 'mi lavo le mani', insomma, del capo di Arkeon che, dopo le dichiarazioni occorse nella scorsa udienza da parte di un altro maestro anch'esso imputato nel processo, sembra delineare la linea difensiva degli imputati: tutto ciò che accaduto, se è mai accaduto ma noi lo neghiamo, è avvenuto senza che ne fossimo gli autori morali o materiali, sembrano voler dire. "Se qualcuno durante i seminari di Arkeon parlava delle proprie esperienze intime e personali – ha precisato il Moccia – lo faceva nella piena libertà, senza condizionamenti alcuni".Non sono dello stesso parere alcuni ex membri di Arkeon. Costituiti parte civile, chiedono giustizia per le violenze e gli abusi che affermano di aver subito. "Fui violentata da un maestro di Arkeon. Il pretesto? Un rito per riportare alla mente un ricordo d'infanzia; l'attimo in cui, da piccola, sarei stata abusata sessualmente da un pedofilo". Erano emerse così, sconcertanti, le testimonianze nelle aule al neon del tribunale di Bari, dopo che, aperto nei mesi scorsi il sipario su quello che già prendeva forma come uno dei processi più importanti dell'anno giudiziario barese, venivano svelati i primi retroscena su quella che già era definita come la psicosetta Arkeon. "Non c'era nessun pedofilo! Erano solo pretesti per estorcermi denaro, usarmi in tutti i modi... anche come oggetto sessuale!", aveva dichiarato di fronte ai giudici una testimone. La pratica era sempre la stessa. Dalle testimonianze finora raccolte dai giudici vengono a galla una serie di riti e cerimonie in cui i membri di Arkeon avrebbero subito pressioni e abusi. Si parla di seminari in cui i partecipanti venivano portati a credere di essere stati violentati dai genitori o da un non ben precisato pedofilo durante l'infanzia. I "maestri" dicevano: "Non te lo ricordi perché eri troppo piccola – dichiarava in aula una testimone – ma di certo hai subito una violenza carnale... l'hanno subita tutti da bambini: questa è la causa dei mali che affliggono la tua vita! ". Il "lavaggio del cervello" condizionava a tal punto gli individui che alcuni hanno persino denunciato alla magistratura per violenza carnale ignari genitori, zii e amici". "Durante le cerimonie alcuni vomitavano. Allora il maestro si compiaceva: Bravo! Quello che hai appena rimesso non è vomito, ma lo sperma del pedofilo che ti ha violentato!". Più ci si liberava della "presenza del pedofilo ", più si avanzava nel "lavoro di purificazione ", come veniva definito, che consisteva in tre livelli: il primo dal costo di circa 400 mila delle vecchie lire, il secondo di circa 800 mila lire ed il terzo – un testimone racconta il suo percorso nella setta prima e dopo l'utilizzo corrente dell'Euro – di circa 12 mila euro. Una bella cifra che, secondo le testimonianze, finiva dritta dritta nelle tasche dei maestri della setta. E già, perché il risvolto economico di questa vicenda è un elemento da non sottovalutare. "Mi facevano firmare assegni intestati alla mia persona – raccontava ai giudici un testimone – anche se i maestri preferivano consegnassi denaro contante: è più conveniente per degli scambi a nero. In questo modo ho posto nelle loro mani più di 15 mila euro". La setta aveva aperto sedi in tutta Italia e godeva dell'appoggio di alcuni membri della Chiesa e di alcune associazioni ecclesiastiche (il “percorso di crescita” di Arkeon era stato approvato da uno studio del CISF - Centro Internazionale Studi Famiglia e il Moccia era comparso nel programma di Rai 1 “A sua immagine” del frate cappuccino Padre Raniero Cantalamessa); gli adepti erano migliaia.I testimoni di questo processo avevano sporto denuncia presso le questure di molte città italiane, ma non erano mai stati creduti. Solo l'intervento di alcune associazioni, una fra tutte il CeSAP, Centro studi per gli Abusi Psicologici, e l'interessamento della stampa, le acque intorno al caso hanno incominciato a smuoversi.
Mirko Misceo
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