sabato 13 marzo 2010

«Io, vittima della setta e querelata 118 volte»

PESCARA. «Mi hanno danneggiato più e più volte: ho perso il mio compagno, ho attraversato esperienze terribili, sono stata investita da denunce per calunnia a raffica, mi hanno chiesto un risarcimento di quattro milioni di euro. Ma non sono riusciti a farmi desistere». Per gli adepti, i seguaci del movimento fondato dal barese Vito Carlo Moccia, quello di Arkeon era il sentiero sacro («The sacred path») verso la conoscenza. Per Anita, diventata una delle testimoni chiave nell’inchiesta sulla psico-setta, è stata una scorciatoia verso l’inferno.
LE ACCUSE DI CALUNNIA. Il giorno dopo il rinvio a giudizio di dieci persone, indagate dalla procura di Bari con accuse pesantissime, la giovane donna di Pescara che assieme ad altre vittime ha dato il via alle indagini, si prepara ad affrontare le udienze come parte civile, ma anche a difendersi nelle decine e decine di processi intentati contro di lei a Roma, Bari, Genova, Torino, Latina, Ancona, Ferrara, Monza: «Nel gennaio del 2006, assieme a un ex maestro pentito e a Lorita Tinelli, una studiosa del Centro studi sugli abusi psicologici, partecipai a tre puntate di un programma di Maurizio Costanzo su Canale 5: nonostante non avessi fatto alcun nome, nonostante altri ospiti si fossero espressi in maniera feroce nei confronti del gruppo, solo tre persone furono denunciate per calunnia: io, l’ex maestro e Tinelli: per 118 volte. È stato un modo per mettermi in ginocchio dal punto di vista economico». Anita, però, non ha mai fatto un passo indietro. Mai, da quando, nel gennaio del 2003, dopo aver partecipato a due seminari del gruppo ed essersi ribellata, il suo compagno decise di abbandonarla e lei decise di denunciare. «Il maestro gli aveva detto che non ero “illuminata”, che sarei stata sempre un problema e che con me non sarebbe mai stato “un guerriero”». L’INIZIAZIONE NEL 2002. Tutto comincia nell’estate del 2002 quando il compagno di Anita, che chiameremo Giovanni (entrambi i nomi sono di fantasia), comincia a frequentare il gruppo Arkeon a Milano, dove da Pescara va spesso per lavoro. «Già dal primo incontro tornò profondamente cambiato: era diventato aggressivo, mostrava una certa misoginia, diceva che la madre aveva dei problemi e che tutte le donne rovinano i figli con atteggiamenti morbosi che nascono non da un amore materno, ma dal desiderio: la teoria della “madre perversa”. Tutto veniva ricondotto a distorsioni sessuali, legate ad attenzioni ricevute dai genitori o da altri familiari nell’infanzia. Questo, per far allontanare le persone dai propri cari». IL SACRO CERCHIO. L’uomo non vuole raccontare cosa accade durante i seminari, ma insiste con la compagna perché partecipi. «Diceva che non si poteva parlare al di fuori del cerchio sacro. Fino a quel momento eravamo stati felici. Dopo due mesi di frequenza era diventato uno straccio, era depresso, piangeva, vaneggiava. Manifestava una sudditanza assoluta verso il maestro». A metà dicembre Anita fa il suo ingresso in un seminario a Milano. «Ho assistito a una serie di esercizi di condizionamento che poi ho scoperto avere effetti devastanti sulle persone, ma soprattutto ho subito una aggressione fisica da parte del maestro e di altre tre persone perché, a loro dire, dovevo superare un trauma. Io ho scalciato, ho urlato, ho pianto, ma nessuno è intervenuto. Neppure il mio compagno». Nonostante questo, poco dopo Anita torna una seconda volta dentro «il cerchio»: «Capivo che stavo perdendo il mio compagno, volevo capire cosa stesse accadendo». Ma la seconda volta «fu peggiore della prima». «Il seminario durò cinque giorni e quattro notti, durante le quali facemmo esercizi deliranti mentre incensi e altre strane sostanze venivano bruciate nell’ambiente. Cercavano di farti crescere l’odio per la famiglia, urlando, con un frastuono di piatti, tamburi, per ore. Le persone venivano spinte a esplorarsi vicendevolmente, come successe a me, bendata, per fare emergere presunti abusi». IL PUNTO DI NON RITORNO. Per Anita è raggiunto il limite. Al loro ritorno, dopo un temporaneo riavvicinamento, il compagno lascia la loro casa per non farvi più ritorno: «Mi chiamò per dire che andava a Milano per lavoro. Non l’ho più visto». Anita comincia a fare ricerche via Internet e approda al Cesap: «Mi risposero che conoscevano già Arkeon perché avevano già ricevuto altre segnalazioni». La donna si rivolge alla polizia, quindi viene ascoltata dalla Digos di Pescara. Il Cesap redige un dossier con numerose testimonianze che viene consegnato alla Digos di Bari: da qui parte l’indagine che due giorni fa approda al rinvio a giudizio. Si apre così il processo in cui le accuse contro Arkeon e le dichiarazioni dei testimoni come Anita dovranno essere provate. -
Maria Rosa Tomasello

il Centro — 01 ottobre 2009 pagina 02 sezione: PESCARA