lunedì 8 marzo 2010

LETTERA APERTA AL “Resto del Carlino” SUL CASO DELLA SETTA FERMANA

di
Luca Perilli
Vice-Presidente Arcigay Agorà - Pesaro-Urbino





Ci sono almeno quattro vittime nella assurda vicenda venuta fuori a Fermo e riportata ieri sulle pagine del “Carlino” da Fabio Castori, giornalista al quale dobbiamo da anni coraggiose inchieste sul mondo delle sètte: un padre, un figlio (e dunque, per estensione, tutto il nucleo familiare), i cittadini e le cittadine italiane e la Scienza.

Come omosessuale impegnato nel sociale attraverso l’Arcigay non posso anzitutto che esprimere tutta la solidarietà personale e della nostra associazione a questo padre e a suo figlio. Vittime di doppia violenza: quella dell’ignoranza e quella dell’umiliazione. Da un lato un padre diffamato e truffato, dall’altro un figlio dilaniato nel profondo del suo Essere, che oggi dovrà ricostruire un rapporto corretto con se stesso e con gli affetti più cari. Traumi che solo chi li ha passati può capire cosa comportano, quanto male possono fare e per quanto tempo. Talora per tutto l’arco dell’esistenza, senza via d’uscita.

Ma la vera tristezza e insieme la grande rabbia nascono nel constatare quanto i cittadini e le cittadine di questo Paese (come C.A. e suo figlio) siano ormai bombardati da tanta e tale disinformazione, da tanti e tali pregiudizi, da tanta e tale sfiducia verso la Scienza, quella seria, da credere nel 2010 che l’omosessualità sia un problema o, addirittura, una malattia. Arrivando a pensare persino che si possa “curare”, preferibilmente da qualche “guru” consigliato per passaparola!

Fa riflettere il riferimento alla canzone di Povia, operazione mediatica che tanti danni ha prodotto nella vita di migliaia di gay e lesbiche e delle loro famiglie. Vien da chiedersi se chi calca palcoscenici popolari come quello di Sanremo in cerca di successo facile, si domandi quali effetti andrà a produrre nella testa di chi lo canticchierà più o meno allegramente. E la stessa domanda sarebbe da porre a coloro che, magari solo moralmente, hanno sostenuto quella operazione con ben altra cognizione di causa.

Arcigay da anni sta denunciando pubblicamente l’arrivo in Italia delle cosiddette “terapie riparative”, che pretenderebbero di cambiare l’orientamento sessuale delle persone a suon di psicologia da strapazzo e preghiere ossessive. La comunità scientifica ha sempre preso le distanze da questi signori; da noi, però, hanno trovato in taluni ambienti soprattutto ecclesiastici “sponsor” discreti, potenti e persuasivi.

Siamo ulteriormente esterrefatti dall’equazione secondo la quale si “diventa omosessuali” a seguito di violenze sessuali subìte. Dramma nel dramma di un ragazzo al quale è stato fatto credere che i suoi, invece di essere fonte di sicurezza e di affetto, sarebbero stati mostri pedofili. E’ davvero dura a morire l’idea che l’omosessualità sia una perversione generata da altre perversioni. Del resto, è con queste argomentazioni da profondo medioevo che il nostro Parlamento non ha votato uno straccio di leggina per introdurre l’aggravante di omofobia nei reati di violenza contro la persona!
Speriamo che il caso serva a riflettere non solo sulla pericolosità delle sètte ma anche sulla necessità di informarsi e di confrontarsi su un tema ancora troppo delicato in Italia: l’omosessualità.

Come Arcigay siamo a disposizione dei protagonisti della triste vicenda. In particolare saremo ben lieti di essere vicini al papà attraverso l’AGeDO, l’Associazione Genitori di Omosessuali, che nelle Marche può contare sull’attivismo di una mamma fanese e di un papà ascolano. Forse parlare con chi vive serenamente l’omosessualità dei propri figli potrebbe aiutare tanti papà e tante mamme ingiustamente preoccupate evitando di gettare loro e i loro figli in pasto a santoni senza scrupoli.